SOMMARIO:

  1. INAIL – procedure e modalità di erogazione della speciale elargizione a favore dei familiari superstiti degli esercenti le professioni sanitarie. Decreto interministeriale 22.9.2022 - SCADENZA 4 MARZO 2023
  2. Master executive dii II livello in “Malattie rare, Galenica clinica e farmaci orfani” – SCADENZA 5 APRILE 2023
  3. Avviso vendita senza incanto farmacia sita in Malvagna (Messina)
  4. Ministero della Salute: dispositivi medici - Procedura operativa per la richiesta di autorizzazione in deroga ai sensi dell’art. 11 comma 3 del d.lgs. n. 137/2022.
  5. AIFA- procedure per supportare i pazienti in caso di carenza o indisponibilità di un medicinale – aggiornamenti contatti titolari e referenti Regionali.
  6. Farmacopea europea 11° edizione
  7. Sentenze Corte costituzionale n. 14/2023 e 15/2023: obbligo vaccinale anti Covid personale sanitario

***

  1. INAIL – procedure e modalità di erogazione della speciale elargizione a favore dei familiari superstiti degli esercenti le professioni sanitarie. Decreto interministeriale 22.9.2022.

L’articolo 22-bis del D.L. 18/2020, convertito in L. 271/2020, nel testo modificato dall’art. 31 del D.L. 17/2022 convertito in L. 34/2022, ha previsto l’istituzione di un fondo destinato alla corresponsione di speciali elargizioni a favore dei familiari superstiti degli esercenti le professioni sanitarie, di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari deceduti a causa del contagio da COVID-19. Il fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la dotazione di 15 milioni di euro.

Con decreto interministeriale 22 settembre 2022 sono state emanate le relative disposizioni di attuazione che prevedono la collaborazione dell’INAIL, successivamente disciplinata dall’accordo stipulato in data 29 dicembre 2022.

Con la circolare n. 1 del 3 gennaio 2023, l’INAIL ha fornito istruzioni per la presentazione delle istanze e l’erogazione di una speciale elargizione a favore dei lavoratori esercenti le professioni sanitarie, gli assistenti sociali e gli operatori socio-sanitari deceduti a causa o come concausa del contagio da Covid-19 contratto nelle azioni di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica.

L’elargizione – che consiste in una prestazione economica una tantum – è a favore dei familiari delle vittime contagiate nel periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 ed il 31 marzo 2022, decedute entro il 28 dicembre 2022.

I beneficiari della speciale elargizione sono i familiari del lavoratore deceduto. In particolare, il coniuge o la persona unita civilmente nonché i figli legittimi, adottivi o naturali riconosciuti o riconoscibili, ed in mancanza i genitori naturali o adottivi.

I suddetti soggetti, al fine della erogazione della prestazione devono presentare l’istanza entro e non oltre il 4 marzo 2023 esclusivamente mediante il servizio “Speciali elargizioni familiari vittime Covid-19” disponibile sul portale Inail al seguente percorso: Servizi per te> Lavoratore (CLICCA QUI).

Per l’accesso al servizio è necessario essere in possesso di Spid, Cns o Cie.

Le istruzioni per la compilazione e la trasmissione dell’istanza sono disponibili nella sezione Guide manuali operativi>Speciali elargizioni familiari vittime Covid-19 (CLICCA QUI).

Eventuali richieste di ulteriori informazioni e di assistenza possono essere inoltrate tramite il servizio “Inail risponde”.

 

  1. Master executive di II livello in “Malattie rare, Galenica clinica e farmaci orfani

 

Ente

Oggetto

Scadenza termine di presentazione domande di partecipazione

Riferimenti per informazioni

Università Milano Bicocca in collaborazione del Dipartimento sanitario della Delegazione Pontificia di Loreto (sede didattica)

Master executive di II livello in

“Malattie rare, Galenica clinica e farmaci orfani”

Seconda edizione

AA 2022-2023

clicca qui

Chiusura bando 5 aprile 2023.

Selezioni 17 aprile 2023.

Chiusura immatricolazioni 4 maggio 2023.

Avvio corso 25 Maggio 2023.

Per informazioni

Sito web: www.malattierare.unimib.it

Informazioni:

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371.311911

 

  1. Avviso vendita senza incanto farmacia sita in Malvagna (Messina)

 

Farmacia

Oggetto

Data della vendita

Riferimenti per informazioni

Farmacia sita Malvagna (Messina)

Avviso di vendita senza incanto con modalità sincrona mista – clicca qui

17 marzo 2023
alle ore 9.00

Termine presentazione offerte, presso lo studio legale del Curatore fallimentare, entro le ore 12.00 del 16 marzo 2023 e non del 18 marzo 2023 come erroneamente indicato nella mail n.17/2023 del 27.02.2023

Curatore Fallimentare

Avv. Marco Merenda

Studio in Messina, Piazza Immacolata di Marmo 4, tel. 3498073210, PEC:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. presso il cui studio dovranno pervenire le offerte, nonché in via telematica tramite la piattaforma www.doauction.it con modalità sincrona mista ex art. 22 D.M. n. 32/2015 tramite il gestore delle vendite telematiche Gruppo Edicom Rete di Imprese.

È previsto un servizio di assistenza a cura del gestore vendite telematica tramite Contact center dedicato attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle 14:30 alle ore 17:00 mediante i seguenti mezzi di contatto:

sede di Venezia-Mestre: tel. 041.5369911 fax 041.5361923

sede di Palermo: tel. 091.7308290 fax 091.6261372

e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

chat online disponibile sul portale www.garavirtuale.it

 

  1. Ministero della Salute: dispositivi medici - Procedura operativa per la richiesta di autorizzazione in deroga ai sensi dell’art. 11, comma 3, del d.lgs. 137/2022.

Si informa che il Ministero della Salute ha diffuso la circolare n. 14207 del 17.2.2023, con la quale fornisce indicazioni operative per uniformare l’iter di rilascio delle autorizzazioni in deroga ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.Lgs. 137/2022, nei casi in cui un dispositivo ritenuto “necessario e insostituibile”, non abbia completato l’iter di certificazione del Regolamento (UE) 2017/745 e per il quale il certificato rilasciato ai sensi della direttiva 93/42/CEE o della direttiva 90/385/CEE sia scaduto o scada prima del rilascio del/i certificato/i necessario/i ai sensi del Regolamento.

Il Regolamento (UE) 2017/745 - precisa la circolare - ha aggiornato le regole per l’immissione sul mercato, la messa a disposizione e la messa in servizio dei dispositivi medici con l’obiettivo di elevare gli standard di qualità e sicurezza dei prodotti.

Il D.Lgs. 137/2022, entrato in vigore il 28 settembre 2022, ha adeguato la normativa nazionale al Regolamento (UE) 2017/745.

Tale decreto, all’art.11, prevede che “in casi eccezionali di necessità e urgenza, conformemente a quanto previsto dall'articolo 59, paragrafo 1, del regolamento, il Ministero della salute può autorizzare, su richiesta debitamente motivata, l'immissione sul mercato o la messa in servizio, nel territorio nazionale, di dispositivi specifici per i quali le procedure di cui all'articolo 52, paragrafi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10 e 11 del regolamento, non sono state espletate o completate, ma il cui impiego è nell'interesse della salute pubblica o della sicurezza o salute dei pazienti”.

Il 6 gennaio 2023 la Commissione europea, sostenuta dagli Stati membri, Italia compresa, ha presentato una proposta di modifica del Regolamento (UE) 2017/745 per l’estensione del periodo transitorio in determinate circostanze.

Nelle more dell’adozione del citato regolamento di modifica, il Ministero della salute, in applicazione dell’articolo 59 del Regolamento, ha ritenuto che “quando sussistano comprovate necessità di tutela della salute pubblica e della sicurezza dei pazienti”, in presenza di determinate condizioni, sia possibile assumere delle decisioni in deroga alle ordinarie procedure di valutazione della conformità.

Nello specifico, i presupposti in base ai quali il Ministero della salute può concedere la deroga sono:

  1. a) la domanda presentata dal fabbricante ai sensi del comma 5 dell’art. 11 del d.lgs. 137/2022;
  2. b) la segnalazione da parte degli Assessorati regionali di necessità dei dispositivi che in mancanza di sostituti adeguati risultano indispensabili a garantire la salute pubblica o la sicurezza e la salute dei pazienti, da effettuarsi ai sensi del comma 4 del citato art. 11.

La validità dell’autorizzazione non può superare i 12 mesi.

Per opportuni approfondimenti sull’argomento si rinvia alla circolare ministeriale e relativa modulistica allegata.

 

  1. AIFA - procedure per supportare i pazienti in caso di carenza o indisponibilità di un medicinale – aggiornamenti contatti titolari e referenti Regionali.

L’AIFA ha fatto pervenire alla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, in qualità di membro del Tavolo Tecnico delle Indisponibilità, un aggiornamento della nota informativa (clicca qui) predisposta dall’Agenzia e rivolta ai farmacisti che operano sul territorio, sulle procedure da seguire per supportare i pazienti in caso di carenza o indisponibilità di un medicinale.

Il documento costituisce una breve guida riepilogativa delle azioni da intraprendere quando “manca” un farmaco con l’intento di ottimizzare il flusso delle segnalazioni ed assicurare una migliore gestione delle carenze.

Si rammenta, in sintesi, che se il farmaco mancante è presente nell’elenco dei carenti pubblicato dall’AIFA occorre anzitutto fornire al paziente le indicazioni riportate in detto elenco, ovvero consultare eventuali comunicazioni specifiche della medesima Agenzia.

Qualora, invece, il medicinale mancante non risulti presente nell’elenco dei medicinali carenti pubblicato da AIFA, il farmacista dovrà provvedere a contattare almeno tre grossisti tra quelli a disposizione nel suo territorio per verificare la reale indisponibilità del medicinale in questione. Una volta confermato che il medicinale risulta indisponibile, per molti farmaci è possibile utilizzare i contatti messi a disposizione dai titolari AIC per le richieste in emergenza (ai sensi dell’articolo 105, comma 4, del D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219). Qualora il titolare non desse seguito all’ordine diretto, si dovrà inviare una segnalazione a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., preferibilmente documentando la mancata fornitura, per permettere le azioni di verifica e intervento da parte di AIFA.

Inoltre, si rammenta che, ai sensi dell’art. 105, comma 3bis del D.lgs. n. 219/06, nel caso in cui un farmaco, che non sia presente nella lista di quelli carenti pubblicata da AIFA, risulti non reperibile sul territorio, i farmacisti (e, attraverso di loro, i pazienti) possono inviare una segnalazione ai referenti della Regione o della Provincia Autonoma, direttamente o attraverso le associazioni di categoria, per le valutazioni e gli interventi del caso, nonché per l’eventuale inoltro a Ministero della Salute e AIFA nel caso di problematiche di potenziale interesse nazionale.

L’aggiornamento in questione riguarda sostanzialmente i contatti dei titolari e, in minima parte, i contatti dei referenti Regionali (clicca qui).

 

  1. Farmacopea europea 11° edizione

 

Ente

Provvedimento

Contenuto

Precisazioni

Ministero della Salute

D.M. 9.1.2023

(G.U. 16 del 20.1.2023 - CLICCA QUI)

Entrata in vigore dei testi, nelle lingue inglese e francese, pubblicati nella Farmacopea europea 11°edizione

I testi entrano in vigore nel territorio nazionale, come facenti parte della Farmacopea ufficiale della Repubblica italiana, dal 1° gennaio 2023.

I testi sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 123 TULS R.D. 1265/1934, pertanto non è obbligatorio detenerne copia in farmacia. Tali testi sono posti a disposizione di qualsiasi interessato per consultazione e chiarimenti presso la Segreteria tecnica della Commissione permanente per la revisione e la pubblicazione della F.U.

La 11° edizione della Farmacopea europea sostituisce la 10° edizione completata con la pubblicazione del Supplemento 10.8.

 

  1. Sentenze Corte costituzionale n. 14/2023 e 15/2023: obbligo vaccinale anti Covid personale sanitario

Si informa che la Corte costituzionale, il 9 febbraio 2023, ha depositato le sentenze n. 14 e n.15, con le quali ha affrontato diverse questioni in materia di obbligo vaccinale anti covid per gli operatori sanitari.

Si illustrano, in sintesi, le motivazioni relative a ciascuna sentenza.

Con la sentenza n. 14/2023 la Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana concernente l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 per il personale sanitario e per effetto dell’inadempimento dello stesso la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie.

Inoltre, ha ritenuto ugualmente non fondate le questioni sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 21 Cost., dell’art. 1 della L. n. 219/2017, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato nelle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4 del D.L. n. 44/2021, come convertito, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria.

Nel merito, la Corte, in continuità con la giurisprudenza in materia di trattamenti sanitari obbligatori, ha ribadito il principio secondo cui “l’articolo 32 della costituzione affida al legislatore il compito di bilanciare alla luce del principio di solidarietà, il diritto dell’individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute degli altri e quindi con l’interesse della collettività”.

Pertanto, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore “da esercitare in maniera non irragionevole”.

Orbene, per verificare il rispetto del suddetto criterio, occorre accertare “se la scelta del legislatore di introdurre l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006, anche alla luce della situazione pandemica esistente, sia suffragata e coerente, o meno, rispetto alle conoscenze medico-scientifiche del momento (sentenza n. 5 del 2018), quali tratte dagli organismi nazionali e sovranazionali istituzionalmente preposti al settore…”

Sul punto – la Corte – ha rilevato che gli Organi nazionali preposti a compiere tale tipo di valutazione hanno “concordemente” attestato “la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 oggetto di CMA e la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus”.

Alla luce di ciò, è risultato evidente “in coerenza con il dato medico-scientifico che attesta la piena efficacia del vaccino e l’idoneità dell’obbligo vaccinale rispetto allo scopo di ridurre la circolazione del virus, la non irragionevolezza del ricorso ad esso, «[a] fronte di “un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, e che può venire contratto da chiunque” (sentenza n. 127 del 2022)» (sentenza n. 171 del 2022), caratterizzato da rapidità e imprevedibilità del contagio”.

Peraltro, secondo un precedente orientamento giurisprudenziale richiamato nella sentenza in commento, “devono ritenersi leciti i trattamenti sanitari, e tra questi le vaccinazioni obbligatorie, che, al fine di tutelare la salute collettiva, possano comportare il rischio di «conseguenze indesiderate, pregiudizievole oltre il limite del normalmente tollerabile» (sentenza n. 118 del 1996)”.

Con specifico riferimento al personale sanitario “l’obbligo vaccinale per tali soggetti consente di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, «il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività» (sentenza n. 268 del 2017)”.

Quest’ultima finalità era particolarmente avvertita in un momento in cui “da un lato, il sistema sanitario nel suo complesso era sottoposto ad un gravissimo stress, dovendo affrontare – oltre a crescenti richieste di assistenza domiciliare – un enorme e incessante incremento di ricoveri per i pazienti affetti da patologia da SARS-CoV-2, con conseguente congestione delle strutture ospedaliere e dei reparti intensivi, e, dall’altro lato, si assisteva a una crescente diffusione del contagio tra il personale sanitario”.

Peraltro, nella “Relazione illustrativa del D.L. n. 44 del 2021: «L’introduzione di un siffatto obbligo per le categorie professionali considerate nasce dalla constatazione che la vaccinazione degli operatori sanitari, unitamente alle altre misure di protezione collettiva e individuale per la prevenzione della trasmissione degli agenti infettivi nelle strutture sanitarie e negli studi professionali, ha valenza multipla: consente di salvaguardare l’operatore rispetto al rischio infettivo professionale, contribuisce a proteggere i pazienti dal contagio in ambiente assistenziale e serve a difendere l’operatività dei servizi sanitari, garantendo la qualità delle prestazioni erogate, e contribuisce a perseguire gli obiettivi di sanità pubblica».

Rileva anche il dato che l’obbligo vaccinale per gli esercenti attività in ambito sanitario è stato introdotto anche in Francia e in Germania, nonché nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America.

La Corte, pertanto, ha ritenuto verificata “in coerenza con il dato medico-scientifico che attesta la piena efficacia del vaccino nei sensi sopra esaminati, l’idoneità dell’obbligo vaccinale degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006, rispetto alla finalità di ridurre la circolazione del virus – funzionale al duplice scopo, sopra ricordato, di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività –, e quindi la non irragionevolezza del ricorso ad esso”.

Ancora, la Consulta ha ritenuto l’imposizione per gli operatori sanitari della misura dell’obbligo vaccinale in luogo dell’esecuzione periodica dei tamponi non sproporzionata per le seguenti ragioni.

In primo luogo “perché non risultavano, a quel tempo, misure altrettanto adeguate rispetto allo scopo prefissato dal legislatore per fronteggiare la pandemia” … L’ esecuzione periodica di test diagnostici dell’infezione da SARS-CoV-2 “dovendo essere effettuati con una cadenza particolarmente serrata avrebbero avuto costi insostenibili e avrebbero comportato un intollerabile sforzo per il sistema sanitario, già impegnato nella gestione della pandemia, tanto a livello logistico-organizzativo, quanto per l’impiego di personale”.

In ordine alla scelta del legislatore, poi, di sospendere il sanitario per inadempimento all’obbligo vaccinale, la sentenza evidenzia che essa costituisce “una conseguenza calibrata, in termini di sacrificio dei diritti dell’operatore sanitario, che sia strettamente funzionale rispetto alla finalità perseguita di riduzione della circolazione del virus. E ciò tanto in termini di durata, posto che, secondo quanto già sopra evidenziato, il legislatore ha introdotto, sin dall’inizio, una durata predeterminata dell’obbligo vaccinale, modificandola, costantemente, in base all’andamento della situazione sanitaria, giungendo ad anticiparla appena la situazione epidemiologica lo ha consentito; quanto in termini di intensità, trattandosi di una sospensione del rapporto lavorativo, senza alcuna conseguenza di tipo disciplinare, e non di una sua risoluzione.”.

Infine, sulla necessità di raccogliere il consenso informato del vaccinando, la Corte ha chiarito che “la natura obbligatoria del vaccino in esame non esclude la necessità di raccogliere il consenso informato, che viene meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge, come disposto dal comma 1 dell’art. 1 della citata legge n. 219 del 2017. L’obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all’obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge. Qualora, invece, il singolo adempia all’obbligo vaccinale, il consenso, pur a fronte dell’obbligo, è rivolto, proprio nel rispetto dell'intangibilità della persona, ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino.

Con riferimento alla sentenza n. 15/2023 la Corte ha stabilito che, a fronte dei dati scientifici disponibili, la previsione, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 anziché di quello di sottoporsi ai relativi test diagnostici (c.d. tampone), non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata.

In particolare, “l’estensione dell’obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie (le quali vengono in rilievo nel giudizio a quo, potendosi comunque riferire la medesima valutazione a tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private) ha costituito, in tale prospettiva, attuazione dell’art. 32 Cost., inteso quest’ultimo come comprensivo del dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, prevenendo il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2 in danno delle categorie più fragili”.

Per la Corte, “si è trattato di decisione idonea allo scopo che il legislatore si era prefisso, in quanto l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari ha consentito di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, «il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività» (sentenza n. 268 del 2017)”.

Inoltre, ove in luogo della vaccinazione fosse stato previsto l’obbligo, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, di sottoporsi a test diagnostici dell’infezione da SARS-CoV-2 con una elevata frequenza, la misura “sarebbe stata del tutto inidonea a prevenire la malattia (specie grave) degli stessi operatori, con il conseguente rischio di compromettere il funzionamento del servizio sanitario nazionale. Inoltre, l’effettuazione periodica di test antigenici con una cadenza particolarmente ravvicinata (e cioè ogni due o tre giorni) avrebbe avuto costi insostenibili e avrebbe comportato uno sforzo difficilmente tollerabile per il sistema sanitario, già impegnato nella gestione della pandemia (in tal senso vedi anche le considerazioni contenute nella sentenza n. 14 del 2023)”.

La decisione del legislatore di sospendere il sanitario non vaccinato risulta altresì non sproporzionata per le seguenti ragioni.

La misura in esame “è destinata a venire meno in caso di adempimento dell’obbligo e, comunque, per la cessazione dello stato di crisi epidemiologica. Il correlato sacrificio del diritto dell’operatore sanitario non ha la natura e gli effetti di una sanzione (come di seguito si chiarirà ai punti 12.1. e 14.4.), non eccede quanto necessario per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria e si rivela altresì idoneo e necessario a questo stesso fine”.

La sospensione dal servizio e dalla retribuzione sino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, pertanto, risulta “in sintonia con l’obbligo di sicurezza imposto al datore di lavoro dall’art. 2087 del codice civile e dall’art. 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), con valenza integrativa del contenuto sinallagmatico del contratto individuale di lavoro. Avendo riguardo alla posizione dei lavoratori, la vaccinazione anti SARS-CoV-2 ha, a sua volta, ampliato il novero degli obblighi di cura della salute e di sicurezza prescritti dall’art. 20 del d.lgs. n. 81 del 2008, nonché degli obblighi di prevenzione e controllo stabiliti dal successivo art. 279 per i lavoratori addetti a particolari attività”.

Infine, la scelta di non prevedere per i lavoratori, esercenti le professioni sanitarie o operatori di interesse sanitario, o impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, che avessero deciso di non vaccinarsi “un obbligo del datore di lavoro di adibizione a mansioni anche diverse, a differenza di quanto invece stabilito per coloro che dovessero omettere o differire la vaccinazione a causa di accertato pericolo per la salute o per il personale docente ed educativo della scuola, non risulta contraria ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza”.

Tale scelta “appare, piuttosto, suffragata dalla necessità dell’adozione di misure provvisorie, indispensabilmente collegate alla evoluzione delle conoscenze scientifiche, culminando in un bilanciamento tra il diritto fondamentale al lavoro del dipendente, la libertà di autodeterminazione individuale attinente alle decisioni inerenti alle cure sanitarie e la tutela della salute pubblica, cui si correla l’esigenza di mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”.

La sentenza, infine, ha precisato che la negazione, altresì, del diritto all’erogazione di un “assegno alimentare” in favore del lavoratore inadempiente all’obbligo vaccinale si giustifica quale conseguenza “del principio generale di corrispettività, essendo il diritto alla retribuzione, come ad ogni altro compenso o emolumento, comunque collegato alla prestazione lavorativa, eccetto i casi in cui, mancando la prestazione lavorativa in conseguenza di un illegittimo rifiuto del datore di lavoro, l’obbligazione retributiva sia comunque da quest’ultimo dovuta”.

Cordiali saluti.

Il Presidente

Sen. Dott. Luigi D’Ambrosio Lettieri

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